Problemi comportamentali, professionali ed etici nello smart working.
Quello chi chiamiamo erroneamente smart working, perché più spesso si tratta di telelavoro da casa nobilitato da un termine anglofono creato ad hoc, è un’attività diventata forzatamente parte integrante delle nostre vite, amplificata a seguito della reclusione forzata durante la pandemia del COVID19.
I tanto declamati vantaggi del lavoro agile crollano impietosamente di fronte ai fatti.
Il Politecnico di Milano recentemente ha estratto un elenco dei presunti vantaggi del telelavoro, vediamoli uno ad uno.
1 Miglioramento della produttività, ma non è dimostrato e dimostrabile concretamente.
2 Riduzione dell’assenteismo, ovvio, sono in casa perché darsi assenti?
3 Riduzione dei costi per gli spazi fisici, risparmio sui costi relativi ai consumi energetici. Vero per le aziende, falso per le persone in quanto riscaldano, raffreddano, illuminano metri quadrati occupati da una sola persona quando ce ne starebbero altri quindi il costo e l’impatto ambientale totale aumenta. E’ inoltre un falso ideologico legato al green a tutti i costi. E’anche antietico perché falcia posti di lavoro per addetti a servizi vari.
4 Riduzione dei tempi e costi di trasferimento. Basterebbe rafforzare e rendere efficienti i mezzi pubblici, organizzare meglio i turni di lavoro, ridurre l’orario di lavoro lavorando tutti e lavorando meno (a pari salario tagliando tasse).
5 Miglioramento del work life balance, altro termine anglofono inutile che nasconde una fregatura. Lavorare in casa, spesso seduti al tavolo di cucina o nell’angolino ritagliato in camera da letto, accudendo i figli che dovrebbero essere all’asilo a scuola, oppure a tempo pieno con palestre e attività di studio e ricreative non è qualità di vita. E’ nuova schiavitù agli arresti domiciliari. Non è casuale che le illuminate organizzazioni per sopperire alle mancanze dello stato incapace, creano servizi per i loro Collaboratori come ad esempio asili, generando contemporaneamente nuovi posti di lavoro invece di ridurli.
6 Aumento della motivazione e della soddisfazione perché lavorare da casa, inoltre, riduce gli spostamenti per recarsi in azienda, anche se aumentano i consumi energetici domestici. Queste parole pubblicate nel report sono in netta contraddizione con quanto affermato e smentito in modo chiaro e inconfutabile al punto 3. Doppio falso ideologico.
7 L’Osservatorio Smart working ha esaminato il benessere dei lavoratori secondo le tre dimensioni stabilite con la Costituzione della OMS, benessere psicologico, relazionale e fisico. Dai risultati della Ricerca emerge che chi lavora da casa ha livelli di benessere più elevati rispetto agli altri lavoratori e che il 12% dei lavoratori dichiara di stare bene su tutte le tre dimensioni del benessere. E gli degli altri 88 % abbiamo notizie? Un po’ pochino il 12% di entusiasti rispetto a tutti questi presunti vantaggi…
8 I così detti smart worker sono la categoria di lavoratori che riporta le medie più elevate di engagement, ma i lavoratori in smart working sono una percentuale ridottissima, il dato non è stimato in proporzione quindi fuorviante.
Ed ora vediamo gli svantaggi dello smart working.
1 Le organizzazioni faticano a creare modelli strutturali in grado di controllare, motivare e tenere in relazione i collaboratori a distanza. Il management più diffuso, mediocre nel senso dell’etimo e ben allenato a tenere sotto stretto e severo controllo i collaboratori chiamati DIPENDENTI, senza nascondere la bassa opinione su di loro, arranca davanti alla sfida. Le difficoltà di gestione crescono. La leadership già precaria si polverizza. Come fare a motivare persone a distanza, se queste sono già demotivate sul posto? Come controllare queste masse di soggetti ritenuti per definizione “tailorista” sfaticati?
2 Inutili i tentativi di creare nuovi parametri per misurare i risultati, la smania di controllo porta sempre a danni clamorosi. Troppi gli alibi quali tempi di reazione lenti, affollamento di messaggi h24, il gap tra invio di mail e lettura è notevole, gli errori e le distrazioni si moltiplicano.
3 Aumento di telefonate e conference call, crescita esponenziale di mail che viaggiano e iper incremento di quelle in copia conoscenza. Aumento forsennato di conference call totalmente inutili, un susseguirsi spasmodico per occupare “slot” temporali.
4 Affollamento di agenda per riunioni a distanza una di seguito all’altra, senza dare il tempo al cervello per elaborare quanto appena concluso e preparare ciò che seguirà.
5 Perdita di confronto con i colleghi, perdita del senso di collaborazione, di capacità di problem solving, di creatività.
6 Aumento del senso di performance individuale a discapito di quella collettiva, risultato antagonismo malsano.
7 Difficoltà a separare i tempi dedicati al lavoro da quelli alla vita privata, la difficoltà a mantenere un corretto equilibrio vita privata e lavoro. Quindi quanto sopra in merito affermato come vantaggio è smentito clamorosamente.
8 Isolamento sociale, perdita di cognizione del tempo, difficoltà nel separare vita privata e professionale. La casa non è un ufficio, l’ambiente di lavoro non è idoneo.
7 Troppe distrazioni, figli, postino, sugo sul fuoco, lavatrice ecc. – Meno contatto umano tra colleghi, meno scambi di idee e meno creatività
8 Percezione di un senso di isolamento verso l’organizzazione, logico, soli soletti nella cameretta davanti al muro non contribuisce alla vita aziendale.
11 Sindrome della barba lunga, si trascura l’aspetto esteriore in quanto si vive isolati, l’abbruttimento individuale porta alla perdita di autostima, diminuisce la voglia di relazione con gli altri, aumenta il sanso di invecchiamento precoce e la frustrazione.
12 Stress dovuto a un utilizzo intenso delle tecnologie digitali e la perdita del senso dello scorrere del tempo.
13 Impatto negativo sulla società nel suo complesso. L’applicazione sempre più diffusa dello smart working depaupera l’indotto e disgrega la società.
INFINE IL PROBLEMA ETICO
Infine esiste un problema etico notevole. Chi svolge attività che non si possono fare da casa, quindi non ha accesso ai presunti vantaggi dello smart working, deve essere ricompensato in modo equo. Diversamente si creano caste, divisioni sociali e dissidi tra gruppi di persone lavoratori.
Ad esempio, un manovale, un operaio, un commerciale o rappresentante, chiunque lavori a contatto col pubblico commessi, baristi, ristoratori ecc. dovrebbe ricevere una compensazione economica pari ai costi risparmianti rispetto a chi lavora da casa.
Smart working, alla fine è ciò che già conoscevamo bene ovvero il telelavoro, già fallito da tempo.
Occorre riprogettare le aziende , le organizzazioni, i servizi, la società, in un modo più sociale ed equo.
Per farlo è indispensabile tornare ad ESSERE UMANI.
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