GAETANO RANIERI SYNERGICAMENTE

DISUGUAGLIANZA DIGITALE

Febbraio 19, 2025
Posted in ARTICOLI
Febbraio 19, 2025 Gaetano Ranieri

Intelligenza artificiale limitata

L’introduzione di tariffe differenziate per i servizi di intelligenza artificiale, come quelle annunciate pochi giorni fa da ChatGPT, calcolate e limitate in base al “livello di intelligenza” offerto, potrebbe sembrare logico e meritocratico. Dopotutto, paghi per ciò che usi, ma dietro questa apparente equità si nasconde un rischio concreto, quello della creazione di una nuova forma di disuguaglianza digitale, dove l’accesso alle tecnologie più avanzate diventa un privilegio per pochi, anziché un diritto per tutti.

Un modello di business esclusivo

L’idea di pagare di più per un’intelligenza artificiale più avanzata potrebbe sembrare ragionevole dal punto di vista commerciale. Dopo tutto, le aziende che sviluppano AI investono ingenti somme nella ricerca e nel miglioramento dei loro modelli. Tuttavia, questa logica rischia di trasformare l’intelligenza artificiale in un privilegio piuttosto che in uno strumento a beneficio di tutti.

Chi potrà permettersi le versioni più avanzate? Grandi aziende, professionisti benestanti e istituzioni con budget elevati. E chi resterà indietro? Studenti, piccole imprese, ricercatori indipendenti e tutte quelle persone che avrebbero bisogno dell’AI per colmare il gap di risorse e competenze, ma che non possono affrontare costi proibitivi.

L’Illusione dell’Accessibilità

Le aziende che implementano questa strategia sosterranno che esistono piani gratuiti o a basso costo per garantire un accesso di base all’AI. Ma un livello di AI “inferiore” basterà davvero a competere con chi ha accesso alle versioni più avanzate? La conoscenza e l’informazione non dovrebbero essere frammentate in base alla disponibilità economica.

Se i modelli più economici sono deliberatamente limitati nelle loro capacità, chi utilizza l’AI per migliorare il proprio lavoro o apprendimento potrebbe trovarsi svantaggiato rispetto a chi può permettersi strumenti più potenti. Questa disparità potrebbe creare una nuova forma di disuguaglianza digitale, dove il successo non dipende solo dall’abilità e dall’ingegno, ma anche dalla possibilità di pagare l’accesso a un’AI più intelligente.

Inoltre, se pensiamo ai paesi in via di sviluppo o alle comunità meno abbienti, il quadro è ancora più preoccupante. Come può un paese a basso reddito competere con istituzioni che hanno accesso a modelli AI all’avanguardia? E come possono le startup innovative emergere se non hanno i mezzi per accedere agli stessi strumenti delle grandi corporation?

Etica e Responsabilità

Le aziende che sviluppano queste tecnologie hanno una responsabilità etica enorme. L’AI non è solo un prodotto commerciale, è un’infrastruttura che sta ridefinendo il modo in cui lavoriamo, impariamo e viviamo. Introdurre tariffe basate sul livello di intelligenza senza considerare l’impatto sociale significa ignorare questa responsabilità.

I tanto declamati modelli che promuovono l’accesso universale, il bene comune, la visione di un futuro illuminato crollano di fronte a queste considerazioni. La tecnologia dovrebbe essere uno strumento di progresso e democratizzazione della conoscenza, non un lusso riservato a pochi.

Il rischio concreto di un futuro a due velocità

Se non interveniamo, rischiamo di creare un futuro in cui l’intelligenza artificiale diventa un ulteriore strumento di disuguaglianza. Un futuro in cui solo chi ha i mezzi economici può beneficiare delle innovazioni più avanzate, mentre gli altri restano indietro. Questo non è solo ingiusto, ma pericoloso per la società nel suo insieme. L’AI dovrebbe essere un motore di inclusione, non un amplificatore di disparità.

Cosa possiamo fare?

È tempo di chiedere alle aziende tech di assumersi le proprie responsabilità. Servono modelli di business che bilancino profitto e accessibilità. Servono politiche che garantiscano a tutti, indipendentemente dalle possibilità economiche, di accedere alle tecnologie più avanzate. E serve una discussione pubblica su come vogliamo che l’AI modelli il nostro futuro.

Conclusione

L’intelligenza artificiale non dovrebbe essere un lusso, ma un bene comune. Permettere a tutti di accedere agli strumenti più avanzati non è solo una questione etica, ma anche un vantaggio per l’intera società, più persone possono innovare, più idee emergono e più prosperità collettiva si genera. Se vogliamo un futuro in cui la tecnologia sia davvero al servizio dell’umanità, è fondamentale opporsi a modelli di business che rischiano di escludere chi ne ha più bisogno.

Se non agiamo ora, rischiamo di costruire un mondo in cui l’intelligenza artificiale, invece di unire, divide. E questo è un prezzo che nessuno di noi dovrebbe essere disposto a pagare.