Prima di parlare di leadership è bene focalizzarci su alcuni aspetti essenziali per comprendere e descrivere la situazione attuale.
L’ambiente, caratterizzato da cambiamenti sempre più veloci e spesso violenti che mettono alla prova la struttura e l’esistenza delle aziende.
Le persone, molto diverse dalle generazioni precedenti e tra loro, multietnicità, divario generazione e culturale, formazione differente.
Il divario tra la velocità con cui cresce la tecnologia ed il modo di gestire le aziende cresce di giorno in giorno, predomina la scarsa capacità e volontà dell’organizzazione nell’adattarsi ai cambiamenti.
In questo contesto le difficoltà crescono quotidianamente, perché continuiamo ad avere troppi capi e pochi leader.
Essere capi è facile, si prendono ordini e si trasmettono nella catena di comando, le responsabilità sono limitate ed esiste sempre una scusa se le cose vanno male, si trovano sempre colpevoli da punire.
Questo metodo può funzionare in un ambiente militare, dove le persone accettano ruoli e dinamiche ben precise, un mondo chiuso privo di libertà intellettuale e decisionale, salvo ai suoi apici. Nel mondo libero, nelle aziende e organizzazioni questa modalità di gestione non funziona tanto bene.
Le persone libere non vogliono ordini, vogliono ispirazione!
Le persone libere non vogliono sentirsi dire cosa devono fare, ma come devono farlo!
Dal momento che le aziende sono fatte di persone libere, occorrono leader capaci di ispirare e motivarle a fare e fare accadere le cose. Essere leader è prima di tutto la decisione di accettare di esserlo veramente, impone l’accettazione di responsabilità pesanti e non tutti voglio farsene carico.
Servono una forte propensione al rischio, la una voglia infinita di investire nella propria crescita professionale e culturale. Servono la volontà di mettersi in discussione e la curiosità di sperimentare, cose entrambe pericolose. E’ necessario stimolare continuamente il pensiero critico senza il quale non si può comprende il presente e prevedere il futuro, ma è faticoso.
Bisogna essere coach capaci di ascoltare, fare domande, comprendere i problemi e le esigenze altrui, questo è doloroso. Si tratta di attività che prevedono l’esercizio dell’empatia che ci permette di trarre il meglio dalle persone, aiutarle a crescere, non è cosa per tutti.
Dunque un leader è qualcuno che vive costantemente nel pericolo, nel rischio, che si fa carico di problemi, trova e condivide soluzioni, favorisce la crescita degli altri e delega potere. E’ qualcuno che ha una visione ed è capace di descriverla in modo coinvolgente.
Non è esattamente ciò che i più intendono quando si autodefiniscono leader. Ecco perché ci sono tanti capi e pochi leader, crescono il disagio, l’insoddisfazione, si lavora perché è necessario alla sopravvivenza economica anziché per uno scopo.
Tuttavia, se le cose non vanno come auspichiamo non è solo perché abbiamo pochi leader, ma perché forse non li vogliamo. Siamo ormai assuefatti da un sistema che tende ad appiattirci, un mondo a responsabilità limitata. Basta non contraddire chi comanda e rispettare le regole, in cambio un lavoro ed uno stipendio, magari da remoto e se fai il bravo wi-fi gratis.
Se volessimo cambiare davvero le cose batteremmo i pugni sul tavolo per avere dei leader, sapremmo come riconoscerli e concederemmo solo a questi giusto titolo e ruolo.
Alla fine è sempre una questione di decisioni.
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